S.O.
20 febbraio 2019
Tilloca, lettera shock alla Nuova
L´omicida di Alghero invia trentatré righe al giornale, nelle quali non fa mai il nome di Michela e non parla dei suoi figli diventati orfani di entrambi i genitori e costretti a cambiare vita
ALGHERO - Incredulità, sgomento, rabbia. Quasi a significare che la percezione della realtà ha limiti e confini labilissimi. L'assassino di Michela Fiori, la mamma di Alghero tragicamente strangolata nella sua casa di Sant'Agostino alla vigilia di Natale, prende carta e penna dalla cella del carcere dove è rinchiuso e invia una lettera shock alla Nuova Sardegna, in edicola questa mattina. Nessun pentimento per quanto commesso. Zero assoluto. Parla della sua immagine distorta dall'informazione.
Marcello Tilloca non fa mai il nome di Michela e non parla dei suoi figli minorenni diventati orfani di entrambi i genitori, costretti a cambiare vita nel tentativo di ricominciarne una più dolce, nell'amarezza indimenticabile della prematura perdita della madre. Trentatré righe assurde, incomprensibili, cariche di livore nei confronti dell'opinione pubblica, a suo dire, viziata dalla cattiva informazione.
«Sappiate che sono cosciente della fenomenologia femminicida sovente rappresentante nell'attuale cronaca moderna dei fatti più rappresentativi e ben più severamente connotabili, all'interno di un quadro in cui non ritengo di appartenervi» scrive di suo pugno l'omicida. Poi la conclusione di una lettera al limite del delirio: «la confessione volontaria è chiaramente un gesto di autoresponsabilità, seppur non condivisibile, ma che allo stesso tempo mi ritenga vittima di uno stato per nulla ambasciatore dei diritti che come i miei vengono lesi ancor oggi».
Nella foto: Marcello Tilloca, reo confesso dell'omicidio della moglie ad Alghero
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