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A.S. 4 dicembre 2017
«Via Ferrata del Cabirol priva di autorizzazioni»
le associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e Mountain Wilderness Italia hanno recentemente sollecitato (24 novembre 2017) le amministrazioni pubbliche competenti ad adottare i provvedimenti di legge


ALGHERO - «Le associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e Mountain Wilderness Italia hanno recentemente sollecitato (24 novembre 2017) le amministrazioni pubbliche competenti ad adottare i provvedimenti di legge riguardo quanto emerso sulla Via Ferrata del Cabirol, auspicando definitiva chiarezza sulla reale situazione, sia con l’obiettivo della salvaguardia ambientale sia per garantire la sicurezza a escursionisti e fruitori di Capo Caccia». Dalle richieste di informazioni ambientali effettuate, infatti, è emerso che la Via Ferrata del Cabirol, sulle falesie di Capo Caccia (Alghero), non sarebbe munita di autorizzazione di alcun genere.

Le associazioni ecologiste, sottolineando come «non interessino minimamente diatribe in proposito fra arrampicatori su roccia, scalatori, alpinisti o chiunque altro come emergono dai social network per ragioni sconosciute e irrilevanti ai fini della salvaguardia di un ambiente straordinario e unico», ricordano che la parete rocciosa di Capo Caccia è tutelata con specifico vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), mentre la fascia dei mt. 300 dalla battigia marina è tutelata con specifico vincolo di conservazione integrale (legge regionale n. 23/1993). Rientra, inoltre, nella zona di protezione speciale – ZPS ITB013044 e nel sito di importanza comunitaria – SIC “Capo Caccia (con le Isole Foradada e Piana) e Punta del Giglio” (codice ITB010042) ai sensi della direttiva n.92/43/CEE sulla salvaguardia degli habitat e nel parco naturale regionale “Porto Conte” (leggi regionali n. 31/1989 e s.m.i. e n. 4/1999). E’, inoltre, contigua all’area marina protetta “Capo Caccia / Isola Piana”.

«Interessa, invece - sottolinea Stefano Deliperi - che questi interventi di “turismo attivo”, come li si voglia definire, che portano guadagni a chi accompagna comitive e gruppi, siano rispettosi delle normative di tutela ambientale - e conseguentemente autorizzati - e che la loro fruizione si svolga in condizioni di assoluta sicurezza». Solo due anni fa, (era 16 novembre 2015) il Corpo forestale e di vigilanza ambientale, “su segnalazione del direttore del Parco naturale regionale di Porto Conte”, aveva “deferito all’Autorità giudiziaria un giovane, appassionato di sport estremi di alta quota, per aver deteriorato, in concorso con altri in via di identificazione, le falesie rocciose del Promontorio di Capo Caccia, nel Parco di Porto Conte.
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