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Oristano NewsnotiziealgheroOpinioniReferendumUn No d´azione al Referendum
Mario Conoci 6 settembre 2016
L'opinione di Mario Conoci
Un No d´azione al Referendum


Il referendum costituzionale non è un si o un no al governo in carica, questo è un aspetto relativo e di breve durata visto che tutti i governi passano, la riforma invece resterebbe e questo sarebbe un vero disastro. Per la Sardegna significa dire NO ad una riforma che la trasforma in una colonia d'oltremare nella quale "scaricare" tutti i problemi dello stato nazionale. Un attacco al principio di sovranità popolare è un attacco alla libertà. Così come la "clausola di supremazia", tramite la quale il governo può imporre leggi dall'alto su ogni materia, è un attacco diretto alla Sardegna. Ovvero esistono motivi che riguardano proprio la Sardegna e i sardi per dire NO alla riforma costituzionale.

Anche una "semplice" diminuzione della sovranità popolare insieme alla possibilità per il governo nazionale di imporre leggi dall'alto evitando ogni confronto con le autonomie locali, significa inevitabilmente una diminuzione della democrazia e, per noi sardi, della nostra già scarsa autonomia. Il solo fatto che la riforma costituzionale sia portatrice di questi elementi, seppure mascherati con spruzzate di demagogia, conduce il Partito Sardo d'Azione di Alghero ad esprimere il suo convinto NO al referendum d'autunno. La Sardegna per crescere e svilupparsi, per vedere riconosciuti o meglio per appropriarsi dei suoi diritti sino ad ora negati, ha bisogno di più libertà e quindi di maggior autonomia, non del contrario.

La riforma proposta dal governo Renzi va esattamente in questa direzione: accentra nelle mani di un governo lontano, che come vediamo da ormai tre esecutivi a questa parte ( Monti, Letta, Renzi ) non è neppure l'espressione del voto popolare, poteri che devono stare in capo ai territori ed alle autonomie locali. Le parole magiche che dovrebbe giustificare questa riforma sono: governabilità e modernità. Per questa riforma la governabilità diventa più importante della sovranità popolare, perché "ce lo chiede l'Europa" e perché è "moderno" e quindi va fatta, e poco importa se vengono mortificati principi fondanti della nostra democrazia come la partecipazione, la sussidiarietà, l'autonomia. Quello che conta adesso è avere un parlamento debole ed un esecutivo forte che possa imporre senza troppe discussioni le direttive che giungono dalle èlites finanziarie europee e nazionali.

Ma invece come dicono illustri costituzionalisti: "Noi pensiamo che occorra “governo”, non governabilità, e che governo, in democrazia, presupponga idee e progetti politici capaci di suscitare consenso, partecipazione, sostegno. In assenza, la democrazia degenera in linguaggio demagogico, rassicurazioni vuote, altra faccia della rassegnazione, e dell’abulia: materia passiva, irresponsabile e facile alla manipolazione. Questa è la governabilità. A chi dice “governabilità” noi rispondiamo: partecipazione e governo democratico."
Allora dove sta per la Sardegna e per i sardi il vantaggio di dire sì a questa riforma?

Certo non risiede nella finta eliminazione del Senato o nella finta riduzione delle spese della politica che sono solo specchietti per le allodole. Tantomeno risiede nella devoluzione al governo nazionale di quote enormi della nostra nostra autonomia e della nostra libertà.
Ma il subdolo volto di questa riforma si rivela attraverso il suo disprezzo verso le autonomie locali nella così detta "clausola di supremazia", ovvero nella possibilità del governo di proporre leggi ad un parlamento sotto il suo totale (verrebbe da dire totalitario) controllo, quando il governo stesso le giustifichi con la tutela della unità giuridica o economica della Repubblica o con la tutela di un non meglio precisato "interesse nazionale", che più facilmente si configura come "interesse del governo e della maggioranza in carica".

Si potrà così decidere a Roma che è un "interesse nazionale" ubicare in Sardegna il sito per lo stoccaggio delle scorie nucleari, o individuare nuove servitù militari, o ancora che la Sardegna deve subire, per tutelare l'unita economica della Repubblica, nuove regole penalizzanti sulla materia delle tasse e delle entrate fiscali. Il tutto mascherato, appunto, da un superiore interesse nazionale e quindi di una conseguente inferiorità, stabilità dalla Costituzione, della Sardegna rispetto allo Stato. Il già debole principio di sussidiarietà viene in modo subdolo sostituito da quello di subalternità. Non è allarmismo è semplicemente ciò che potrebbe essere deciso sulla testa dei sardi se passasse questa riforma.

Se c'è un solo sardo che vuole anche solo correre il rischio di veder trasformata la Sardegna in una una vera e propria "colonia d'oltre mare" senza diritti e senza libertà può votare sì a questa riforma. Ci sono tanti altri motivi per contrastare questa riforma, ma quelli che abbiamo esposto sono i motivi per il NO della Sardegna, e sono i motivi che devono spingere a promuovere ad Alghero il "comitato sardo del NO", un comitato che vada oltre sigle e appartenenze di partito e coinvolga semplicemente i cittadini sardi che vogliono bene alla Sardegna.

*Per Partito Sardo D'Azione


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